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Questo ve lo mettereste in casa?

Un robot non può immaginare un essere umano, almeno per ora, mentre un essere umano può facilmente immaginare un robot. Che sia di metallo satinato e con forme sinuose come nel film L’uomo bicentenario o imperscrutabile come Optimus di Tesla, quando pensiamo a un robot più o meno tutti ne immaginiamo uno con forme e fattezze umane. L’idea di poterne avere un giorno uno in casa per farci compagnia e dare una mano con le faccende domestiche elettrizza alcuni e terrorizza altri, preoccupati all’idea che un umanoide possa un giorno decidere di sterminare i propri ospiti invece di innaffiare i gerani sul balcone. È un’eventualità poco credibile e da futuro distopico, ma dice qualcosa sul modo in cui molti vedono la robotica.

Un filone crescente di questo ampio settore della ricerca, che tiene insieme discipline molto diverse tra loro, sta provando a distanziarsi il più possibile dai modelli umanoidi, cioè dallo sviluppo e dalla produzione di robot con fattezze umane. La rimozione delle sembianze umane, che in vari ambiti sono superflue, può aiutare a ridurre la diffidenza verso tecnologie che saranno sempre più presenti nelle nostre esistenze. In parte avviene già ora: milioni di persone hanno in casa piccoli robot aspirapolvere che puliscono pavimenti e tappeti, e che fanno la gioia dei gatti, mentre si farebbero qualche domanda in più se avessero in casa un robot che li osserva e passa l’aspirapolvere.

Quando nel 2022 Tesla presentò la prima versione di Optimus, un robot con gambe, braccia e perfino una testa, diversi esperti di robotica criticarono la scelta ricordando che un robot non deve necessariamente assomigliarci in tutto e per tutto per svolgere certi compiti. In seguito Tesla avrebbe presentato nuove evoluzioni di Optimus, ricevendo questa volta critiche per non avere chiarito che durante le dimostrazioni i suoi robot eseguivano comandi decisi in precedenza, senza avere un particolare livello di autonomia. Tesla dice che in futuro il suo robot potrà essere usato nelle sue fabbriche per produrre automobili elettriche, in altri contesti di lavoro e in casa come assistente domestico.

Anche Boston Dynamics, la società statunitense famosa per i suoi robot quadrupedi, ha ricevuto nel tempo qualche critica per lo sviluppo di Atlas, un robot umanoide in fase di sviluppo che come Optimus ha braccia, gambe e testa. La società lo ha progettato per essere utilizzato in particolari contesti, per esempio per svolgere lavori pesanti o ripetitivi, e a differenza di Tesla ha dato ampie dimostrazioni della capacità del suo robot di gestirsi autonomamente quando deve svolgere un certo compito.

Boston Dynamics ha comunque mostrato nel tempo di avere un approccio più pragmatico, non solo con Spot, il proprio quadrupede, ma anche con vari prototipi e prodotti che di umanoide hanno poco o niente. Handle è per esempio un robot che si tiene in equilibrio su due ruote e che usa un braccio meccanico snodato per raccogliere e spostare oggetti, come le scatole nei magazzini della logistica. Stretch è una versione simile, ma meno ambiziosa e con una base che si muove su ruote, sempre per la movimentazione dei pacchi. Ricorda più un robot che assembla le automobili nelle catene di montaggio che Gort, il temibile robot di Ultimatum alla Terra.

Le case in cui viviamo non sono magazzini o fabbriche con catene di montaggio, ma secondo diversi gruppi di ricerca potrebbero beneficiare di un approccio simile, orientato quindi a sviluppare robot specialisti che svolgono determinati compiti, senza la necessità di tenersi in casa un umanoide. L’idea è che si possano immaginare e progettare evoluzioni degli elettrodomestici già esistenti, per delegare loro certe attività che non vogliamo fare oppure per tenerci compagnia e assisterci nel corso della giornata. Oggetti con cui abbiamo già una certa familiarità e che non susciterebbero particolari inquietudini qualora acquisissero maggiore autonomia.

Per quanto ancora non sempre affidabili, i robot aspirapolvere sono un esempio delle potenzialità da sfruttare in questo ambito. Mappano automaticamente le stanze e i mobili, rilevano gli ostacoli, vuotano da soli il contenitore dove raccolgono la polvere, hanno serbatoi per lavare i pavimenti e rilevano la quantità di sporco tarando i lavaggi di conseguenza. Alcuni possono essere comandati a voce e interagiscono con gli assistenti vocali in casa, altro esempio di evoluzione di un classico altoparlante per la musica verso qualcosa di più complesso e che può fornire assistenza, in modo comunque discreto.

Alcuni produttori hanno provato a costruire sul successo dei robot aspirapolvere altre soluzioni, distaccandosi comunque dall’approccio umanoide. Lo hanno fatto sia per necessità economiche – costruire un robot con molte articolazioni costa – sia per sperimentare modalità più semplici di interazione tra i loro prodotti e gli esseri umani. I risultati non sono stati però incoraggianti.

Nel 2021 Amazon presentò Astro, un piccolo robot per la casa definito da molti un’Alexa con le ruote, cioè una versione mobile della sua assistente vocale. Astro ha uno schermo, sul quale sono mostrati due cerchi che ricordano due occhi, collegato tramite un’asta a una base mobile mossa da due grandi ruote e che può essere usata per trasportare da una stanza all’altra piccoli oggetti. Il robot arriva se viene chiamato, avvisa se in casa entrano degli estranei e non fa molto altro: costa 1.500 euro e per ora può essere acquistato solo su invito.

Astro (Amazon)

Astro ha comunque una caratteristica su cui ultimamente si stanno concentrando molti gruppi di ricerca: essere espressivo oltre che funzionale. Un robot può infatti svolgere un compito in modo diretto, andando dritto al risultato atteso, oppure può farlo modulando la risposta in modo che chi sta interagendo con lui si senta più coinvolto e in una certa misura si rifletta nella sua reazione. Il primo caso è ideale in una catena di montaggio, il secondo può essere utile per instaurare un rapporto più familiare e “umano” senza avere a che fare con un umanoide.

Di recente un gruppo che si occupa di ricerca sull’apprendimento automatico per Apple ha pubblicato uno studio dove racconta i progressi raggiunti nello sviluppo di un robot particolare: una lampada da tavolo che ricorda quella dell’animazione del logo della Pixar, la casa di produzione cinematografica di successi come Toy Story e Wall•E, incidentalmente uno dei robot non antropomorfi più famosi nella storia del cinema.

Il prototipo ha un braccio con sei snodi che sorregge un piccolo paralume, all’interno del quale ci sono una luce, una fotocamera e un mini proiettore laser. Un microfono collocato sulla base permette di inviare comandi vocali, cui risponde un sistema di intelligenza artificiale che sembra avere diverse cose in comune con Siri, l’assistente vocale da tempo disponibile sui dispositivi di Apple come gli iPhone.

(Apple)

Il gruppo di ricerca ha impostato la lampada in modo da poterle chiedere di illuminare una specifica area del tavolo, per esempio dicendole di concentrare la luce sulle pagine di un libro, di mettere della musica, fornire informazioni sul meteo oppure di proiettare qualcosa. Dopodiché sono stati sottoposti alla lampada i medesimi scenari, facendole svolgere i compiti assegnati in modo funzionale oppure espressivo.

In un test è stato chiesto alla lampada di inquadrare e leggere un foglietto a un’estremità della scrivania fuori dalla sua portata. Nella modalità funzionale, il robot ha direttamente allungato il proprio braccio meccanico, segnalando di non poter arrivare a coprire tutta la distanza. Con la modalità espressiva, le cose sono andate diversamente: la lampada ha ascoltato la richiesta “osservando” la ricercatrice, poi si è tirata indietro per osservare lo scenario, provando infine ad allungarsi più volte verso il foglietto senza raggiungerlo. Il movimento un po’ goffo e comico, ma più naturale, si è concluso con la lampada che ha scosso il proprio paralume segnalando alla ricercatrice di avere fallito nel compito assegnato.

Nello studio, il gruppo di ricerca spiega di avere elaborato questi movimenti espressivi per fare in modo che il robot esprima il proprio stato, mentre interagisce con gli esseri umani. I movimenti devono quindi comunicare una certa intenzione, legata a ciò che sta per fare il robot, la capacità di seguire con attenzione le indicazioni della persona con cui sta lavorando e di mostrare un atteggiamento consono alla situazione. Tutti questi elementi permettono di instaurare una relazione e di ridurre la sensazione che il robot possa comportarsi in modi imprevedibili.

Grazie al suo braccio robotico, la lampada può inoltre interagire con gli oggetti che ha intorno, in un modo controllato e sempre tranquillizzante per la persona che ha vicino, visto che non può afferrare nulla. In un test è stato chiesto alla lampada di ricordare alla ricercatrice di bere un po’ d’acqua dopo un certo periodo di tempo passato alla scrivania a leggere un libro. Nella modalità funzionale, il robot si è limitato a spostare la propria luce dal libro alla tazza contenente l’acqua, mentre nella modalità espressiva la lampada non solo ha illuminato la tazza, ma l’ha poi mossa di qualche centimetro per avvicinarla alla ricercatrice e attirare la sua attenzione, per quanto in modo discreto.

Il gruppo di ricerca ha poi coinvolto una ventina di volontari per verificare le loro reazioni alla lampada nelle due modalità. I partecipanti hanno segnalato di preferire la lampada espressiva, mentre non hanno gradito molto quella funzionale, definendola «noiosa», «non coinvolgente» e «priva di emozioni». La quantità di partecipanti è limitata, quindi non ha particolare valore statistico, ma suggerisce comunque che anche piccole modifiche su come si muovono i robot possono contribuire a renderli più coinvolgenti e in certa misura riconducibili a scenari più familiari.

Si dice da tempo che Apple stia lavorando a diversi prodotti per assistere nelle attività domestiche e tenere compagnia, ma non è detto che uno di questi sia una lampada. Gli esiti della ricerca e i sistemi sviluppati potrebbero essere impiegati in altri contesti, anche molto diversi da quelli per illuminare una scrivania. Il gruppo di ricerca ha del resto immaginato un’ampia serie di funzionalità per la lampada, che potrebbero essere applicate ad altri oggetti.

Si stima che grazie ai progressi nella miniaturizzazione dei componenti, la maggiore capacità di calcolo e gli sviluppi nelle intelligenze artificiali in pochi anni ci possa essere un’accelerazione significativa nel settore della robotica non solo a livello industriale, ma anche per il suo impiego domestico. Nell’ampio spettro dei robot si iniziano a distinguere tre categorie principali (antropomorfi, zoomorfi e elettrodomestici avanzati) con molte sfumature nel mezzo dove potrebbero esserci le maggiori possibilità di innovazione. E forse anche grazie a movimenti più naturali alcuni umanoidi ci appariranno più umani, e innocui, di quanto li percepiamo oggi.

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