
Ci sono adulti che hanno metodi particolari, talvolta efficaci, talvolta meno, per incoraggiare i giovani a coltivare le proprie ambizioni (sul tema della “motivazione” ci si è già espressi in questa rubrica).
Avevamo una scuola di calcio popolare a Bagnoli, e c’era un allenatore che aveva dei metodi educativi interessanti, ma che a volte richiedevano discussioni collettive e, in certi casi, un reindirizzamento. Una volta, per far riflettere sulla sua arroganza un ragazzo che prendeva in giro un paio di compagni non ritenendoli alla sua altezza calcistica, gli fece fare un intero allenamento con un cartello sulla schiena su cui c’era scritto “Io sono di legno”. Un’altra, durante una riunione pre-allenamento in cui si parlava della scelta delle scuole superiori per l’anno successivo («Io voglio fare l’alberghiero, mi piace cucinare»; «A me piacerebbe il liceo classico»), pensò bene di suggerire a un ragazzo che non brillava per impegno scolastico: «Secondo me, Vince’, tu t’e ‘a mettere sulo ‘a marenna sott’o braccio pe’ jì a fatica’!».
Avevo poi un professore, alle scuole medie, che in base all’idea che si era fatto dei suoi studenti gli pronosticava un futuro professionale. Tu, Giovanni? Medico! Tu, Ivana? Farai la scrittrice. Per quelli meno volenterosi, o meno svegli, aveva un’unica soluzione: il vigile urbano.
(credits in nota1)
In queste settimane ha molto girato un articolo pubblicato da Osservatorio Repressione sull’approvazione del decreto Milleproroghe da parte del parlamento, che prevede, tra le altre cose, la possibilità di dotare i vigili urbani di tutti i comuni italiani del taser (della situazione napoletana avevamo accennato qui). Negli stessi giorni ventidue avvisi di garanzia sono stati consegnati ad altrettanti dipendenti della polizia municipale di Vico Equense per assenteismo e uso indebito, a fini privati, delle auto di servizio (una efficace analisi del fenomeno è rintracciabile, come direbbero gli accademici, nel lavoro di Fastidio, G., 2013).
Esiste molto materiale cult sul tema della percezione sociale del vigile urbano da parte della popolazione. Fondamentale è la deposizione in tribunale di Andrea Alongi, testimone nel processo per il caso Bonsu, ventiduenne ghanese pestato brutalmente da alcuni agenti della polizia municipale a Parma, nel 2008.
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Utile, anche se con risvolti decisamente meno drammatici, la visione del film Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo (scritto da Maccari e Scola, e con un cast di fuoriclasse: Cervi, De Filippo, Fabrizi, Manfredi, Sordi). Alberto Sordi, in particolare, interpreta l’agente Randolfi, uno che “non perdona nessuna infrazione, appioppando multe alle alte cariche istituzionali, ai pompieri, al passante che non attraversa con la dovuta precisione le strisce pedonali”. Alla fine del film Randolfi verrà miseramente bocciato all’esame di francese con cui spera di far decollare la propria carriera e soprattutto, per la sua intransigenza mal digerita, trasferito a Milano.
A proposito di teste senza corpi e passaggi tra la vita e la morte: un paio di centinaia di persone sono state fortunate venerdì nel partecipare a un’azione sonora all’Auditorium Novecento di Napoli. Era There lives what has no name (letteralmente: “Lì vive ciò che non ha nome”), un susseguirsi di ululati, soffi, colpi a fiato e a tamburi, piatti e triangoli per opera di Chris Corsano, Walter Forestiere, Antonio Raia e Makoto Sato, il tutto dentro le fiamme, i lacci, gli spuntoni e gli sputi, i cadaveri, le lingue e le frecce dei personaggi disegnati da Roberto-C.

Mi è rimasta impressa in particolare – forse è il fatto che in questi giorni il Papa sembra rischiare, come si dice a Napoli molto efficacemente, di “farsi la cartella” – l’immagine del corteo funebre di un cardinale portato in spalla da figuri tormentati, mentre i tamburi dettavano il passo.
Per i latini feretrum non era solo la cassa da morto, ma anche la portatina su cui questa veniva traslata, utilizzata anche per le processioni, il trasporto in gloria delle statue degli dei e dei trofei (e infatti feretrum si traduce anche con “trofeo”).
Pietro: Anche se ti sto già osservando da tempo con attenzione, non vedo in te alcuna traccia di santità, ma piuttosto molta empietà. Che significa mai questa compagnia che ti segue, tanto lontana dall’essere pontificia? Porti con te quasi ventimila persone, eppure in questa grande folla non vedo nemmeno uno che mostri un volto cristiano. Vedo una mescolanza orribile di uomini, nulla se non bordelli, vino e polvere da sparo che emana un odore disgustoso. Mi sembrano ladri assoldati, o piuttosto anime dannate che sono risorte dall’inferno per scatenare guerre in cielo. Ora, quanto più ti osservo, tanto meno vedo in te tracce di un uomo apostolico. Prima di tutto, che cos’è questa mostruosità, che mentre indossi l’abito del sacerdote celeste, dentro di te sei armato di armi insanguinate, tremando e facendo rumore? Inoltre, che occhi feroci, che bocca sfrontata, che fronte minacciosa, che sopracciglio altezzoso e arrogante! È davvero vergognoso dirlo e fastidioso anche solo vederlo: non c’è parte del tuo corpo che non sia contaminata dai segni di una lussuria mostruosa e abominevole. Senza parlare del fatto che sembri ancora ruttare e puzzare di vino e liquori, come se stessi per vomitare. Certamente, il tuo corpo appare in tale stato che sembri ridotto non tanto dalla vecchiaia o dalle malattie, ma dalla rovina dovuta alla dissolutezza, alla debolezza e all’abuso di cibo e bevande. (san pietro commenta l’arrivo al paradiso di giuliano della rovere, già papa giulio II, in: erasmo da rotterdam, iulius exclusus e coelis / traduzione dal latino – probabilmente discutibile – mia)
(a cura di riccardo rosa)
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¹ Roberto Nobile in: La scuola, Daniele Luchetti (1995)