Bradisismossessivo. Un mese di “emergenza” tra scosse, occupazioni e istituzioni latitanti

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Bradisismossessivo. Un mese di “emergenza” tra scosse, occupazioni e istituzioni latitanti
(disegno di otarebill)

È passato più di un mese da quando la ripresa degli sciami sismici ha riacutizzato le preoccupazioni gli abitanti dell’area flegrea, che da due anni a questa parte sentono sulla propria pelle “l’eterno ritorno” del bradisismo. Nell’area compresa tra i comuni di Pozzuoli, Napoli e Bacoli, l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) ha registrato, tra il 16 ed il 18 febbraio, cinque terremoti di magnitudo maggiore di 3. Le scosse più significative sono state di grado 3.9 nel pomeriggio del 16 e poco dopo la mezzanotte del 17 febbraio. Quest’ultima ha creato notevole agitazione tra la popolazione, paralizzato le strade puteolane in piena notte e costretto diverse famiglie a passare più di una notte fuori casa o in auto.

In risposta alla preoccupazione dei cittadini, la Protezione Civile ha convocato il 18 febbraio, a Monteruscello, un incontro pubblico a cui hanno preso parte il direttore dell’Osservatorio Vesuviano (che fa parte dell’Ingv), i sindaci dei comuni coinvolti, il prefetto di Napoli e la dirigenza della Protezione Civile (il direttore generale Italo Giulivo e il capo dipartimento Fabio Ciciliano). Proprio gli interventi di Giulivo e Ciciliano hanno provocato repliche accese da parte dei tanti presenti. Il primo ha spiegato ai cittadini che nel caso della precedente crisi bradisismica del maggio 2024 la Protezione Civile aveva avuto difficoltà a trovare alberghi disponibili ad accogliere gli sfollati solo perché «fortunatamente per voi, gli alberghi erano pieni di turisti». Anche le parole di Ciciliano hanno destato una certa perplessità e innescato contestazioni. In particolare Ciciliano ha affermato con una certa tranquillità, non certo d’aiuto a una popolazione che vive in uno stato di tensione da oltre ventiquattro mesi, che in caso di una scossa di quinto grado «cadono i palazzi e contiamo i morti». Nei giorni successivi, gruppi di cittadini si sono così organizzati per protestare: il 21 febbraio un centinaio di persone si sono date appuntamento al consiglio comunale di Napoli per chiedere chiarimenti al sindaco e la convocazione di un appuntamento informativo sul territorio (oltre che azioni concrete per la messa in sicurezza degli edifici e dei loro abitanti). Domenica 23, un corteo ha sfilato per le strade di Pozzuoli, mettendo in risalto la distanza tra le politiche istituzionali e le esigenze della popolazione. Per rispondere ai dubbi dei cittadini è stato convocato al Maschio Angioino un consiglio monotematico ad hoc nella giornata del 10 marzo (a Bagnoli, intanto, si costituiva un’assemblea popolare, che ha occupato per quattro giorni la sede della Municipalità, ha organizzato incontri con esperti e cittadini e ha stilato, coinvolgendo attivamente gli abitanti del quartiere, un piano condiviso per la gestione dell’emergenza).

Una delegazione di quest’assemblea ha quindi partecipato al consiglio comunale di lunedì 10 marzo, in un Maschio Angioino blindato, e con gli agenti della Digos a ratificare il paradosso di un incontro pubblico dove però non si poteva entrare liberamente. Nella Sala dei Baroni è andata in scena una replica dell’incontro del 18 febbraio, con la sola differenza che questa volta hanno preso parola anche i presidenti delle municipalità coinvolte dall’emergenza (Chiaia e Posillipo, Soccavo e Pianura, Bagnoli e Fuorigrotta) e le delegazioni cittadine.  Tra le novità emerse c’è stata la chiusura, avvenuta nella stessa mattinata, dell’istituto alberghiero Rossini di via Terracina, nei cui piani bassi sono stati riscontrati livelli anomali di anidride carbonica, legati appunto ai movimenti di gas dovuti all’attività bradisismica.

Per il resto, il consiglio è stata la solita fiera delle belle parole senza fatti concreti. Tutte le istituzioni hanno espresso la necessità di “continuare a sensibilizzare la popolazione” partendo dalle scuole e dagli infopoint sul territorio (pochi e malgestiti), cercando nell’ordine degli psicologi una sponda per il supporto psicologico. In realtà appare, questo, uno dei punti più critici della gestione del fenomeno in questi due anni, e l’elemento che ha creato la vera frattura tra le istituzioni e le persone, lasciate sole sia nei momenti di rallentamento delle scosse che in quelli in cui la cosiddetta emergenza (si può definire tale un fenomeno naturale che si ripresenta cronicamente e per periodi tutt’altro che brevi?) si fa più pressante, a cominciare dalle notti in cui centinaia di cittadini si radunano sul vialone dell’ex base Nato di Bagnoli e, a stento, vengono mandati a supportarli una o due pattuglie di vigili urbani.

Altro tema centrale è il sostegno economico per la messa in sicurezza degli edifici. Dal consiglio è emersa la necessità di sollecitare il governo e l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani, di cui il sindaco Manfredi è presidente) per il potenziamento del Sisma bonus, che dovrebbe coprire – queste le richieste della popolazione, fatte proprie da alcuni consiglieri di opposizione – il cento per cento delle spese sostenute per la messa in sicurezza statica degli edifici. Nemmeno meritevole di commento il giro di voci sulla proposta del presidente della Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, Adriano Giannola, che aveva lanciato qualche giorno fa l’idea di spostare fasce consistenti della popolazione in una nuova città, idealmente da edificare lungo la Napoli-Bari, per ripopolare le aree interne della Campania. L’idea dello sradicamento della popolazione come soluzione al fenomeno bradisismico è l’ennesimo elemento che corre e ricorre nella storia: già negli anni Settanta l’“emergenza” provocò lo sgombero del Rione Terra e l’enorme speculazione edilizia con la costruzione del Rione Toiano; lo sciame del biennio 1982-1984 portò invece circa ventimila puteolani a Monteruscello, dove venne realizzato un insediamento satellite completamente slegato dal tessuto originario degli abitanti.

La notazione forse più emblematica è che a reindirizzare la discussione su punti concreti sono state le delegazioni di comitati cittadini, che hanno portato in sala le problematiche della popolazione. In particolare, la giunta e la Protezione Civile sono sembrate impreparate rispetto al necessario miglioramento della condizione delle vie di fuga – malridotte e congestionate dal traffico cittadino – e all’intervento per la messa in sicurezza sull’edilizia privata. Gli attivisti dell’Assemblea Popolare della X Municipalità hanno chiesto che venisse messo agli atti il piano elaborato durante la settimana di occupazione, un piano che in realtà è un insieme di proposte di semplice buon senso e pratiche di welfare, ma che tocca questioni clamorosamente ignorate finora dalle istituzioni. Tuttavia, alle pratiche decisamente avanzate di partecipazione della cittadinanza messe in campo in questi giorni, la politica ha risposto con la solita desolante strafottenza: solo dopo le rumorose proteste di alcuni attivisti il consiglio si è degnato di programmare un incontro sul territorio. Il 28 aprile (…!). (francesco nunziante)

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