Apple è in ritardo con i suoi piani per l’intelligenza artificiale

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Apple è in ritardo con i suoi piani per l’intelligenza artificiale

Venerdì scorso Apple ha annunciato che alcune nuove funzionalità promesse per Siri, il suo assistente vocale, arriveranno in ritardo, «nel corso del prossimo anno». Si tratta di una decisione piuttosto irrituale per l’azienda e dipende direttamente dallo stato di Apple Intelligence, l’insieme di servizi basati sulle intelligenze artificiali generative presentato lo scorso giugno.

A febbraio Mark Gurman, giornalista di Bloomberg particolarmente informato su Apple, aveva rivelato che l’azienda stava avendo «difficoltà a finire lo sviluppo di alcune funzioni» e che i potenziamenti sarebbero stati fatti slittare «fino almeno a maggio». Da allora gli ingegneri hanno lavorato intensamente per «sistemare una serie di bug nel progetto», senza successo. La scorsa settimana Gurman ha raccontato anche delle «preoccupazioni interne» diffuse tra i dirigenti di alto livello, che avevano notato che questi servizi AI non funzionavano bene (o almeno non come era stato pubblicizzato). Nella divisione di Apple che si occupa di intelligenza artificiale si teme che alcune di queste funzioni possano essere eliminate del tutto, o che sia necessario ricominciare a costruirle da capo, allungando ulteriormente i tempi.

Apple Intelligence è il nome del pacchetto di funzionalità basate sulle AI generative presentato lo scorso giugno da Apple nel corso di WWDC, la sua annuale conferenza dedicata agli sviluppatori. Fu un evento molto atteso perché segnava l’ingresso di Apple nel settore, dopo il grande successo di ChatGPT, il chatbot di OpenAI, che aveva a sua volta causato una corsa agli investimenti, sia tra le startup che tra le principali aziende del settore (Microsoft e Google tra tutte).

Tra le novità previste da Apple Intelligence c’erano la possibilità di gestire e riassumere i messaggi e le mail o di modificare fotografie. Nel comunicato stampa con cui l’azienda presentò il servizio veniva fatto un esempio molto particolare e complesso che ruotava attorno alle nuove potenzialità di Siri: «L’utente potrà dire: “Fai partire il podcast che mi ha consigliato Jamie”, e Siri localizzerà e riprodurrà quell’episodio, senza che l’utente debba ricordare se è stato menzionato in un messaggio o una mail». Apple Intelligence non era – e non è tuttora – in grado di fare una cosa simile.

La comunicazione dell’azienda puntò sin da subito su una serie di funzionalità che non erano tecnicamente disponibili agli utenti, e non lo sarebbero state per molto tempo. L’iPhone 16 fu presentato lo scorso anno come lo smartphone «costruito per Apple Intelligence», ma in realtà il servizio entrò in funzione un mese dopo la sua messa in vendita, generando molta confusione.

Soprattutto, però, Apple Intelligence si rivelò fin da subito un prodotto con molti limiti. La funzione «Priority Messages», che doveva organizzare i messaggi in entrata a seconda della loro importanza, non sapeva riconoscere spam o messaggi truffaldini; quella che doveva riassumere e gestire le notifiche del dispositivo finì invece per inventare titoli di giornale, tanto da far protestare la BBC e convincere Apple a sospendere il servizio.

Secondo un sondaggio citato dal sito CNET lo scorso dicembre, il 73% degli utenti iPhone ritengono che l’AI non aggiunga «alcun valore» all’esperienza d’uso; e solo il 18% del totale le indicava come la principale ragione per cui comprare un nuovo smartphone. Oltre a non aver convinto gli utenti, Apple Intelligence non sembra essere riuscita a trainare le vendite di iPhone, che nel corso del 2024, l’anno di lancio del servizio, sono scese del 2% – mentre il mercato in generale è aumentato del 4%. Tra le cause di questa flessione c’è anche l’assenza del mercato cinese, dove Apple Intelligence non è ancora disponibile, dato che Apple sta cercando partner locali per il servizio.

L’ulteriore ritardo del potenziamento di Siri è motivo di imbarazzo per l’azienda e un problema per il futuro della sua strategia AI. Sempre secondo Bloomberg, Apple prevedeva di potenziare Siri rendendola più simile a ChatGPT, e quindi in grado di sostenere conversazioni, entro l’anno prossimo, mentre ora si prevede che per allora saranno pronte solo le basi iniziali di questo aggiornamento. La decisione farà slittare altri passaggi fondamentali – e promessi come imminenti – come la nuova interfaccia utente per Siri, che «non arriverà prima del 2027».

Anche per questo motivo, Apple ha passato le ultime settimane a presentare nuove versioni di molti suoi prodotti (tra cui, iPad e iPad Mini, MacBook Air, Mac Studio e il nuovo chip M3 Ultra), a un ritmo insolito, anche per avere più tempo per concentrarsi sull’AI alla prossima WWDC, che si terrà a giugno e sarà l’occasione per rassicurare pubblico e addetti ai lavori.

Nel corso della presentazione di Apple Intelligence, l’azienda si era concentrata soprattutto sulla privacy, sostenendo di aver trovato un modo di dotare i propri dispositivi di questi servizi senza trasmettere i dati personali degli utenti ai data center che elaborano le risposte. Apple Intelligence prevedeva infatti di soddisfare le richieste meno complicate direttamente nel dispositivo (on-device), grazie a nuovi chip in grado di gestire i dati degli utenti senza trasferirli altrove; e di affidarsi al servizio Private Cloud Compute per gestire invece le richieste che necessitano di maggiore potenza. Per l’occasione, Apple presentò anche una nuova infrastruttura cloud, per garantire maggiore protezione dei dati personali.

Oltre a questo, però, Apple Intelligence prevedeva l’utilizzo di ChatGPT, che è integrato in Siri e alcuni software di scrittura. Già all’epoca qualcuno notò come l’esigenza dell’alleanza con OpenAI fosse stata necessaria perché  l’AI di Apple non era all’altezza della competizione.

Al netto delle critiche, potenziare un assistente vocale come Siri con i modelli linguistici, la tecnologia alla base delle AI generative, non è un’impresa facile nemmeno per Amazon, che questo mese ha presentato Alexa Plus, una nuova versione di Alexa, pensata per poter conversare più naturalmente con gli utenti. Per riuscirci, ha spiegato al sito The Verge Panos Panay, capo della divisione Alexa e Echo di Amazon, il servizio è stato «riprogettato al 100%». Anche in questo caso, però, molte delle funzionalità più attese non saranno disponibili da subito e verranno implementate nel corso del tempo.

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