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La parola della settimana. Fake
(disegno di ottoeffe)

Avevamo una gag, con El Trinche Carlovich, che prendeva un po’ in giro Nicolao Dumitru, giocatore del Napoli nel 2010-11. In realtà la gag era sull’incontentabilità del tifoso partenopeo che, spazientito per le prestazioni del calciatore, se la prendeva con lui a ogni occasione, chiedendogli più sfrontatezza quando lo vedeva timido e diligente in campo, e più umiltà non appena il povero Dumitru tentava una giocata. Questo atteggiamento provocava crisi di identità al ragazzo, fino a fargli chiedere all’allenatore di tenerlo in panchina (vero è che a fine stagione Dumitru andò via da Napoli e non combinò più nulla in carriera)

Quella gag diventò uno dei migliori pezzi tra i fake che di tanto in tanto ci divertiamo a pubblicare, talmente riuscito che il procuratore o l’avvocato, ora non ricordo, del calciatore, ci mandò una mail intimandoci di rimuoverlo (una cosa simile successe anche con uno dei nostri bersagli preferiti, lo scrittore Maurizio De Giovanni; per questo articolo Bassolino e i suoi si divertirono invece parecchio). Più divertente ancora, fu che il pezzo su Dumitru – confuso dai più per una vera intervista – cominciò a girare sui siti web dedicati al Napoli, dando vita a un dibattito tra tifosi che riproponeva gli stessi atteggiamenti su cui noi credevamo di scherzare.

(screenshot dal forum di partenopeo.net)

Nel 2023 il Napoli vinse lo scudetto con largo anticipo. Travolti dal fiume di retorica che scorreva tra le pagine dei quotidiani, decidemmo di pubblicare un intero giornale fakeAncora una volta, i più distratti lo scambiarono per una cosa reale.

In questi anni ho imparato a fare tutto: ho scritto libri e racconti, ho mostrato il calcio e la politica, sono stato dalla parte dei deboli e ho girato spot per gli Agnelli e film commissionati da Hollywood. Ma sono rimasto il ragazzo con l’orecchino che non ci credeva che “solo ‘e strunz’ vanno a Roma”. Sono andato e tornato, di nascosto, tanto che una notte di due anni fa un barbone davanti al centro Paradiso, stupito nel vedermi piangere e baciare un santino di Ciccio Romano, mi disse: “M’a vuo’ ra’ ‘na sigarett’?”. Va così, quando mi perdo e la mente vaga. Torno nel mio film.

C’è Silvio Orlando che scrocca le partite sul pezzotto; c’è Bentivoglio che interpreta De Laurentiis e sale sul motorino di un passante gridando: “Siete delle merde!”; c’è Morgan Freeman in un flash forward metaforico su Osimhen da vecchio, che spezza le sue catene e cammina sul prato del Paradiso circondato da fenicotteri che no, non so che cazzo vogliono dire, ma comunque ce li devo mettere. (paolo sorrentino, il mio film tricolore in: la gazzella dello sport)

In napoletano c’è una parola che, come l’inglese fake, vuol dire molto di più di “falso”. “Pezzotto” è la app pirata che ti permette di vedere le partite pagando un quarto del costo di Sky e Dazn (già negli anni Novanta esistevano le “schede pezzottate” di Stream e Tele+); “pezzottati” erano i vestiti di marca simili all’originale ma cuciti chissà dove e smerciati nei mercati di strada (oggi il termine è passato di moda a favore di “paralleli”); “pezzotta” è una ragazza bassina e dal carattere forte, “pezzotto” era il cd masterizzato con l’ultimo album di Tizio o Caio o il gioco appena uscito per la Play Station, ma anche la zeppa che si infila sotto a un tavolo o un mobile traballante, o una persona che cerca di imitare altri senza successo.

Compa’ si bell’ comme ‘a sta palla e leccame ‘a caramella che tengo acopp’.
‘O vero mast’ ‘e festa,
‘o peggio guastafeste p’e pezzott’,
vengo aropp’ l’otto pecchè song’ ‘o guaje ‘e notte. […]
Chesta è ‘a ricett si sì ‘nu favez’ MC,
siente e statte: uno, doje, tre e quatte!
Chiste so’ ‘e nummere e accussì va ‘o fatto,
‘ngopp’ ‘o beat spaccamm’ ‘o pezzotto: cinche, sei, sette e otto!
(la famiglia; uno, due, tre e quatto)

Donald Trump ha respinto in settimana la richiesta di un giudice di fornire informazioni sulla sorte di un migrante erroneamente deportato in El Salvador. Kilmar Abrego Garcia è stato arrestato il 12 marzo da agenti della polizia dell’immigrazione e deportato con altre duecentocinquanta persone circa, ritenute appartenenti a gang che il governo ha equiparato a organizzazioni terroristiche, utilizzando una legge che gli consente di farlo in caso di guerre o invasioni. La cosa più inquietante (oltre al fatto che questa storia non è troppo diversa da quanto accade in Italia) è che in America sta succedendo un casino per questo poveraccio che non ha nulla a che vedere con la criminalità, ma nessuno mette realmente in discussione quella che è una vera deportazione in violazione totale dei diritti umani, basata peraltro su una serie infinta di fake news. Tanti americani – ma in realtà è un’impostazione, questa, condivisa da opinioni pubbliche e governi di ogni paese, quando si parla di mafiosi, camorristi, stupratori – pensano semplicemente che essendo questi uomini terroristi, sia lecito somministrargli qualsiasi tortura usando qualsiasi metodo. 

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I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere […]: 1) se il Governo sia a conoscenza del fatto che, nel corso dell’interrogatorio del 2 febbraio 1982 di fronte al sostituto procuratore della Repubblica di Verona, il terrorista Cesare Di Lenardo, arrestato nella base di via Pindemonte a Padova (dove le Brigate rosse tenevano sequestrato il generale della Nato, James Lee Dozier), avrebbe dichiarato di essere stato sottoposto a tortura: bruciatura su una mano, tagliuzzamenti ai polpacci delle gambe, scosse elettriche ai testicoli, rottura di un timpano, finta fucilazione in aperta campagna, percosse, denudamento, forzato ingerimento di acqua e sale, eccetera; […] 3) se il Governo sia a conoscenza del fatto che, sui fatti denunciati, la procura della Repubblica di Padova […] ha aperto una inchiesta giudiziaria […] 4) se il Governo non ritenga che quanto sopra esposto […] contrasti totalmente con le sue smentite, tanto più essendo stati smentiti fatti di tale natura anche specificatamente e nominativamente in relazione al caso del terrorista Di Lenardo; 5) se il Governo non ritenga doveroso rettificare, di fronte alla Camera, le affermazioni non vere fatte nel corso della seduta del 15 febbraio. (boato, bonino, pinto, mellini; interrogazione alla camera dei deputati del 22 marzo 1982)

(immagine da: les complotistes)

Un’amica mi ha regalato qualche settimana fa un fumetto francese dal titolo Les Complotistes, facendo riferimento alla mia tendenza a vedere ovunque inganni, insidie, falsi amici e profeti (va detto che il novanta per cento delle volte il tempo mi dà ragione). Mi ero quasi offeso nel leggerlo, sentendomi accostato a terrapiattisti e company, poi per fortuna il libricino, e la mia amica, si sono salvati all’ultima tavola, quando gli autori ci fanno capire che il problema in fondo non sono le scie chimiche e i cerchi nel grano, ma il capitalismo. 

(a cura di riccardo rosa)

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