Il disco senza musica pubblicato dai musicisti britannici contro i piani del governo sull’AI

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Il disco senza musica pubblicato dai musicisti britannici contro i piani del governo sull’AI

Tra di loro ci sono Damon Albarn, Kate Bush e Annie Lennox, preoccupati che la musica umana sia saccheggiata gratuitamente per produrre quella artificiale

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Martedì è stato pubblicato Is This What We Want? (È questo che vogliamo?), un disco a cui hanno partecipato oltre mille musicisti britannici, tra cui Damon Albarn dei Blur, Kate Bush e Annie Lennox, composto da 12 registrazioni fatte in spazi vuoti e silenziosi. Nelle tracce del disco si sentono pochi rumori, fra cui quello di alcuni passi o quello di un respiro. I nomi delle canzoni letti in fila compongono in inglese la frase «il governo britannico non deve legalizzare il furto della musica a beneficio delle aziende di intelligenza artificiale» (nell’originale «the British government must not legalise music theft to benefit AI companies»).

Il disco è stato infatti pubblicato per protestare contro una proposta del governo britannico per modificare la legge sul copyright, che permetterebbe alle aziende che producono modelli di intelligenza artificiale (AI) di allenarli utilizzando opere protette da copyright, a meno che i loro autori non lo vietino esplicitamente. La data di uscita ha coinciso con la fine della prima fase di consultazioni governative sulla legge. Fra gli altri musicisti celebri che hanno sostenuto l’iniziativa ci sono anche il compositore Hans Zimmer e il chitarrista dei Radiohead Ed O’Brien. Tutti i profitti saranno devoluti all’ente di beneficenza Help Musicians.

Il governo britannico sostiene che l’attuale legislazione non permetta alle aziende di «realizzare il loro pieno potenziale». Quello che vorrebbe facilitare è la possibilità di utilizzare la musica pubblicata dalle persone per istruire i software di AI, che la usano per imparare a comporne di nuova sulla base delle richieste specifiche di chi usa il programma.

I critici della legge ribattono però che in questo modo a essere penalizzati saranno i musicisti, specialmente quelli emergenti, i cui guadagni in futuro saranno notevolmente diminuiti dall’ingresso nel mercato di quelle stesse tecnologie che si sono allenate sulla loro musica. Inoltre a essere molto contestata è anche la clausola che permetterebbe ai musicisti di negare il loro consenso solo a posteriori, invece di creare un sistema che permetta agli artisti di vendere eventualmente i loro diritti alle singole aziende. Secondo i critici sarebbe impossibile per un singolo musicista, scrittore o produttore contattare tutte le aziende del settore e verificare poi che il suo lavoro non sia stato usato comunque.

Nel disco, il silenzio è pensato come rappresentazione di cosa succederebbe se il lavoro creativo dei musicisti non fosse tutelato.

L’album non è l’unico modo in cui gli artisti britannici si stanno opponendo alla legge. Martedì il Times ha pubblicato una lettera aperta firmata da 34 musicisti e persone che lavorano più in generale nell’industria creativa, fra cui Paul McCartney, Ed Sheeran, Sting e Dua Lipa, che chiedevano esplicitamente di ritirare la legge ed elencavano i rischi a lei associati.

Per diverso tempo società come OpenAI, che ha creato il chatbot ChatGPT, hanno allenato i propri prodotti senza porsi troppi problemi per quanto riguarda il diritto d’autore, attingendo alla enorme quantità di dati disponibili online, in una fase in cui l’interesse verso questi modelli riguardava per lo più gli addetti ai lavori e poco il pubblico in generale. In parallelo alla crescita del successo di ChatGPT e simili, però, sono emerse sempre più critiche riguardo a questo metodo, e sono arrivate anche le cause legali. Nel 2023 per esempio il New York Times fece causa a OpenAI, accusandola di avere utilizzato i propri archivi senza permesso per lo sviluppo di ChatGPT.

– Leggi anche: I giornali stanno facendo un grave errore con OpenAI?

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